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Effetti a lungo termine dell’agopuntura nella gonartrosi

La gonartrosi rappresenta una patologia degenerativa associata a dolore cronico e limitazione funzionale, che compromette significativamente l’articolarità e la qualità di vita, soprattutto negli anziani. Clinicamente si presenta con dolore diffuso nella regione anteriore del ginocchio, con possibile irradiazione distale. Nelle fasi avanzate, è frequente la comparsa di dolore persistente nelle ore notturne, che può interferire con la qualità del sonno. Data la popolazione in progressivo invecchiamento e l'aumento dei pazienti con obesità, si prevede che questa problematica sia destinata a crescere. Gli interventi non farmacologici attualmente utilizzati per la gestione della gonartrosi comprendono: rieducazione motoria, controllo del peso corporeo e programmi strutturati di autogestione e potenziamento dell'autoefficacia del paziente. Per quanto riguarda i farmaci antinfiammatori non steroidei, sia topici che orali, sono fortemente raccomandati. Tuttavia, i FANS offrono un sollievo sintomatico di breve durata causando effetti collaterali considerevoli che impattano sui sistemi cardiovascolare, gastrointestinale, renale ed epatico. Le iniezioni intra-articolari di corticosteroidi sono raccomandate quando altri trattamenti farmacologici risultano inefficaci o inappropriati, ma forniscono un sollievo di breve termine (da 2 a 10 settimane). Linee guida recenti sconsigliano o raccomandano con cautela l’uso di iniezioni intra-articolari di acido ialuronico, a causa del sollievo minimo dal dolore e del potenziale aumento di eventi avversi. Per quanto riguarda l'agopuntura essa è un trattamento sicuro e ampiamente utilizzato per la gestione del dolore cronico. Diversi studi hanno dimostrato che l'agopuntura può ridurre significativamente il dolore, migliorare la funzionalità e aumentare la [...]

2024-11-08T12:24:09+01:004 Novembre 2024|

Un’indagine sugli effetti terapeutici differenziali di romosozumab su pazienti affette da osteoporosi postmenopausale con o senza complicanze dell’artrite reumatoide: uno studio caso controllo

Un'indagine sugli effetti terapeutici differenziali di romosozumab su pazienti affette da osteoporosi postmenopausale con o senza complicanze dell'artrite reumatoide: uno studio caso controllo L'artrite reumatoide rappresenta una delle principali cause di osteoporosi secondaria. Diversi fattori contribuiscono alla progressiva perdita di massa ossea nei pazienti con artrite reumatoide: le citochine pro-infiammatorie, come il fattore di necrosi tumorale alfa (TNF-α) e l'IL-6, che sono strettamente legate all'attività della malattia, stimolano l'espressione del recettore di attivazione del fattore nucleare κB ligando (RANKL) da parte degli osteociti, determinando una serie di effetti che portano ad un aumento dell’attività degli osteoclasti. Inoltre, TNF-α, farmaci glucocorticoidi e scarsa attività fisica, stimolano la produzione di sclerostina da parte degli osteociti. La sclerostina, a sua volta, inibisce direttamente le vie di segnalazione promosse dalla famiglia delle proteine Wnt, rallentando così l’apposizione ossea mediata dagli osteoblasti. Inoltre la sclerostina agisce anche mediante meccanismi indiretti: ostacola la produzione di osteoprotegerina esacerbando ulteriormente l'osteoclastogenesi. Il Romosozumab è un anticorpo monoclonale anti-sclerostina, esso rappresenta un nuovo agente terapeutico per l'osteoporosi che stimola la formazione ossea da parte degli osteoblasti e inibisce il riassorbimento osseo da parte degli osteoclasti. Il romosozumab esercita dunque un "duplice effetto", che si traduce in una finestra anabolica più ampia rispetto ad altri agenti anti-osteoporosi. Tuttavia, rimane incerto se l'alterato metabolismo osseo riscontrato nelle pazienti affette da Artrite Reumatoide possa potenziare o diminuire gli effetti del farmaco. In questo studio caso-controllo, il nostro obiettivo è stato quello [...]

2024-02-26T12:12:24+01:0026 Febbraio 2024|

Efficacia delle infiltrazioni intra-articolari con acido ialuronico in pazienti con artrosi gleno-omerale

Efficacia delle infiltrazioni intra-articolari con acido ialuronico in pazienti con artrosi gleno-omerale L’artrosi gleno-omerale sintomatica è una condizione anatomo-clinica che comporta dolore, riduzione dell’escursione articolare (ROM, range of motion) della spalla e limitazione delle attività quotidiane con conseguente riduzione dell’autonomia personale e della qualità della vita. Questa condizione ha un notevole impatto sulla spesa sanitaria pubblica in quanto si stima che l’artrosi gleno-omerale primaria colpisca quasi un terzo della popolazione mondiale di età superiore ai 60 anni. Gli approcci terapeutici conservativi utilizzati prima dell’avvento dell’acido ialuronico prevedevano l’utilizzo di agenti fisici, farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) assunti per via sistemica e steroidei intra-articolari per la gestione dell’infiammazione e del dolore, questi ultimi gravati dai noti effetti avversi legati al loro utilizzo. Pertanto, l’utilizzo dell'acido ialuronico è emerso come trattamento alternativo per la gestione non chirurgica dell’artrosi gleno-omerale. L’acido ialuronico ha proprietà analgesiche e condroprotettive e le soluzioni a base di questa molecola somministrate per via intra-articolare comprendono preparazioni a basso peso molecolare (500-730 kDa) e preparazioni ad alto peso molecolare (620-3200 kDa). Una recente revisione sistematica della letteratura con meta-analisi condotta da Familiari et al. ha valutato le evidenze relative all'efficacia delle infiltrazioni intra-articolari di spalla con acido ialuronico sulla riduzione del dolore nei pazienti affetti da artrosi gleno-omerale. Sono stati inclusi 15 randomized controlled trial (RCT) che soddisfacevano i criteri di ammissibilità secondo il P.I.C.O utilizzato. In totale sono stati inclusi 1023 soggetti di cui 397 soggetti appartenenti [...]

2024-02-26T12:07:53+01:0026 Febbraio 2024|

La Medaglia OrtoMed 2023 a Nicholas Harvey

Nel corso del XVIII Congresso OrtoMed, il Professor Nicholas Harvey, Director of the MRC Lifecourse Epidemiology Centre, University of Southampton, UK and Chair of the International Osteoporosis Foundation (IOF) Committee of Scientific Advisors, ha ricevuto la prestigiosa Medaglia Ortomed. Al XVIII Congresso Ortomed, il professor Harvey ha presentato una relazione in cui ha descritto l’ampio lavoro intrapreso dall’IOF nella sua missione per realizzare un mondo senza fratture da fragilità. Ha dichiarato: "Sono molto onorato di ricevere questo prestigioso premio, che riflette il duro lavoro e l'eccellenza di molte persone dell'MRC LEC, dell'Università di Southampton, dell'IOF e di collaborazioni più ampie".

2024-01-08T10:37:40+01:008 Gennaio 2024|

Gestione del paziente osteoporotico in terapia farmacologica affetto da parodontite

Documento congiunto della Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia (SIOT) e della Società Italiana di Parodontologia e Implantologia (SIdP) L'osteoporosi è una malattia sistemica dell’apparato scheletrico, caratterizzata da una bassa densità minerale ossea (BMD) e dal deterioramento della microarchitettura del tessuto osseo che porta alla fragilità ossea e a un maggiore rischio di fratture. La prevalenza dell'osteoporosi è in aumento in tutto il mondo ed è correlata con l'invecchiamento. In Italia, circa 3,5 milioni di donne e 1 milione di uomini sono affetti da osteoporosi e, nei prossimi 25 anni, la percentuale della popolazione totale che ha più di 65 anni aumenterà del 25%. I farmaci approvati per il trattamento dell'osteoporosi postmenopausale includono i farmaci anti riassorbitivi, come i bisfofonati, il denosumab, i modulatori selettivi del recettore degli estrogeni (SERM), il farmaco appositivo teriparatide e il nuovo farmaco che associa effetti anti riassorbitivi e appositivi: il romosozumab. I pazienti sottoposti a trattamento con farmaci anti-osteoporotici presentano un rischio maggiore di sviluppare una complicanza orale come l'osteonecrosi della mandibola. L’osteonecrosi della mandibola può insorgere spontaneamente, anche se le procedure di chirurgia dento-alveolare sono considerate il principale fattore di rischio. Inoltre, anche la durata della terapia anti-osteoporotica può essere correlata a un aumento del rischio. La parodontite è una malattia infiammatoria cronica caratterizzata dalla progressiva distruzione dei tessuti di sostegno del dente: gengiva, osso alveolare, cemento radicolare e legamento parodontale. Si tratta di una patologia ad eziologia multifattoriale caratterizzata dalla presenza [...]

2023-10-02T18:33:15+02:002 Ottobre 2023|
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