Un’indagine sugli effetti terapeutici differenziali di romosozumab su pazienti affette da osteoporosi postmenopausale con o senza complicanze dell’artrite reumatoide: uno studio caso controllo

L’artrite reumatoide rappresenta una delle principali cause di osteoporosi secondaria. Diversi fattori contribuiscono alla progressiva perdita di massa ossea nei pazienti con artrite reumatoide: le citochine pro-infiammatorie, come il fattore di necrosi tumorale alfa (TNF-α) e l’IL-6, che sono strettamente legate all’attività della malattia, stimolano l’espressione del recettore di attivazione del fattore nucleare κB ligando (RANKL) da parte degli osteociti, determinando una serie di effetti che portano ad un aumento dell’attività degli osteoclasti. Inoltre, TNF-α, farmaci glucocorticoidi e scarsa attività fisica, stimolano la produzione di sclerostina da parte degli osteociti. La sclerostina, a sua volta, inibisce direttamente le vie di segnalazione promosse dalla famiglia delle proteine Wnt, rallentando così l’apposizione ossea mediata dagli osteoblasti. Inoltre la sclerostina agisce anche mediante meccanismi indiretti: ostacola la produzione di osteoprotegerina esacerbando ulteriormente l’osteoclastogenesi.

Il Romosozumab è un anticorpo monoclonale anti-sclerostina, esso rappresenta un nuovo agente terapeutico per l’osteoporosi che stimola la formazione ossea da parte degli osteoblasti e inibisce il riassorbimento osseo da parte degli osteoclasti. Il romosozumab esercita dunque un “duplice effetto”, che si traduce in una finestra anabolica più ampia rispetto ad altri agenti anti-osteoporosi. Tuttavia, rimane incerto se l’alterato metabolismo osseo riscontrato nelle pazienti affette da Artrite Reumatoide possa potenziare o diminuire gli effetti del farmaco. In questo studio caso-controllo, il nostro obiettivo è stato quello di chiarire l’impatto del Romosozumab nelle pazienti affette da artrite reumatoide rispetto alle pazienti affette da osteoporosi postmenopausale. Il trattamento con Romosozumab prevedeva somministrazioni per via sottocutanea a 210 mg ogni mese per 12 mesi; i criteri di inclusione comprendevano pazienti con uno o più dei seguenti elementi: (1) BMD T-score < – 2,5 con almeno una frattura da fragilità, (2) BMD della colonna lombare (LS) T-score < – 3,3, (3) due o più fratture vertebrali o (4) frattura vertebrale semiquantitativa (SQ) di grado 3.

I criteri di esclusione erano rappresentati dalle controindicazioni all’utilizzo del Romosozumab: eventi cardiovascolari maggiori nell’ultimo anno, pazienti con condizioni che influenzavano il metabolismo osseo come disturbi della tiroide o delle paratiroidi, soggetti in terapia ormonale sostitutiva, soggetti con cancro sottoposti a terapia radiante che coinvolge l’apparato scheletrico, pazienti con osteomalacia, grave insufficienza renale, pazienti di sesso maschile o che erano in terapia di lungo corso con glucocorticoidi. I valori di BMD sono stati valutati a livello della colonna lombare (L2-L4), della testa del femore e del collo del femore e sono stati valutati al basale e successivamente a intervalli di 6 mesi dopo l’inizio della terapia. contestualmente sono stati raccolti campioni di sangue con il dosaggio di marcatori del turnover osseo al basale e successivamente a 1, 6 e 12 mesi durante il trattamento. Il pro-peptide ammino terminale del procollagene di tipo I è stato utilizzato come marcatore di formazione ossea, mentre l’isoforma 5b della fosfatasi acida tartrato resistente (TRACP-5b) è stata dosata in quanto marker del riassorbimento osseo. Inoltre è stata dosata anche la 25-OH vitamina D.

Le radiografie della colonna vertebrale sono state ottenute di routine al basale e successivamente a intervalli di 6 mesi dall’inizio del trattamento per valutare eventuali fratture vertebrali incorse durante la terapia. Il gruppo di pazienti con l’osteoporosi post-menopausale tendeva a mostrare un tasso di aumento maggiore dei markers di apposizione ossea rispetto al gruppo con artrite reumatoide e osteoporosi trascorsi i 6 mesi di trattamento. Al contrario, il gruppo con osteoporosi post-menopausale tendeva a mostrare un tasso maggiore di diminuzione dei markers di riassorbimento osseo rispetto al gruppo con artrite reumatoide, indicando una finestra anabolica più ampia nel gruppo con osteoporosi post-menopausale.

Per quanto riguarda la variazione percentuale della BMD, l’aumento osservato a 12 mesi è stato significativamente più elevato nel gruppo con osteoporosi post-menopausale rispetto al gruppo con artrite reumatoide. Nel gruppo delle pazienti con Artrite Reumatoide una paziente ha subito una frattura prossimale dell’omero a causa di una caduta. Nel gruppo con osteoporosi post-menopausale una paziente ha subito una frattura vertebrale a causa di una caduta e una paziente ha subito una frattura da stress della costa. Nelle pazienti affette da Artrite Reumatoide, la finestra anabolica tendeva a essere più ristretta, con un conseguente minore aumento della BMD rispetto alle pazienti non affette da Artrite Reumatoide. Per quanto riguarda gli effetti del Romosozumab nelle pazienti con Artrite Reumatoide, è opportuno considerare i fattori che influenzano la produzione di sclerostina da parte degli osteociti: TNF-α, glucocorticoidi e scarsa attività fisica promuovono la produzione di sclerostina da parte degli osteociti, mentre gli ormoni sessuali la inibiscono.

Inoltre, il TNF-α induce la produzione di un altro fattore inibitore di Wnt, la Dickkopf-related protein 1 (Dkk- 1), da parte dei sinoviociti e i livelli sierici di Dkk-1 sono anch’essi up-regolati nei pazienti con Artrite Reumatoide rispetto ai controlli sani. Per quanto riguarda il riassorbimento osseo, gli autoanticorpi prodotti nei pazienti con Artrite Reumatoide, più in particolare l’autoanticorpo anti- peptide citrullinato (ACPA) si lega alla vimentina citrullinata espressa sulla superficie degli osteoclasti, inducendo l’espressione di IL-8, che porta alla loro differenziazione. Infatti, un titolo elevato di ACPA è associato a un aumento del riassorbimento osseo e a una diminuzione della BMD. Pertanto, i pazienti con un titolo elevato di ACPA possono presentare una ridotta inibizione del riassorbimento osseo e un minore aumento della BMD in risposta al farmaco, in particolare nella regione lombare dove gli osteoclasti sono abbondanti. Uno studio precedente ha dimostrato che una maggiore disabilità fisica, valutata dall’Health Assessment Questionnaire (HAQ), era negativamente associata alla BMD femorale in pazienti di sesso femminile con Artrite Reumatoide. Studi su animali ovariectomizzati hanno dimostrato che l’aumento della BMD femorale deriva dall’inibizione del rimodellamento (grazie all’inibizione di RANKL) e alla modulazione del segnale Wnt attraverso l’inibizione della sclerostina. Un’elevata attività di malattia, valutata con il Clinical Activity Index (CDAI), è stata associata positivamente all’aumento della BMD lombare e femorale nelle pazienti in trattamento Romosozumab.

Inoltre i livelli sierici di PINP al basale erano significativamente associati all’aumento della BMD nelle pazienti con osteoporosi post-menopausale in trattamento con Romosozumab. In conclusione, l’efficacia del trattamento con Romosozumab può essere minore nel gruppo di pazienti affette da Artrite Reumatoide rispetto al gruppo con osteoporosi post-menopausale, principalmente a causa di una finestra anabolica più ridotta in quanto gli effetti del trattamento con Romosozumab possono essere influenzati da fattori correlati alla patologia autoimmune, tra cui i titoli ACPA e HAQ-DI.

Alessandro de Sire
Professore Associato di Medicina Fisica e Riabilitativa
Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche
Università “Magna Graecia” di Catanzaro
Coordinatore Nazionale della Sezione OrtoMed Giovani

Articolo recensito:
Ebina K, Nagayama Y, Kashii M, Tsuboi H, Okamura G, Miyama A, Etani Y, Noguchi T, Hirao M, Miura T, Fukuda Y, Kurihara T, Nakata K, Okada S. An investigation of the differential therapeutic effects of romosozumab on postmenopausal osteoporosis patients with or without rheumatoid arthritis complications: a case-control study. Osteoporos Int. 2024 Jan 31. doi: 10.1007/s00198-024-07019-2.