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Il ruolo della massa grassa corporea nell’incidenza delle fratture vertebrali in donne con Early Breast Cancer in trattamento adiuvante con Inibitori delle aromatasi e Denosumab

Quasi l’80% delle donne in post-menopausa che ricevono una diagnosi di Early Breast Cancer risultano positive ai recettori ormonali estrogenici e progestinici (ER-positivi). La positività dei recettori ormonali è predittiva di risposta al trattamento ormonale sequenziale con i farmaci inibitori delle aromatasi con l’obiettivo di impedire la produzione ormonale e dunque bloccare l’azione proliferativa sulle cellule cancerose. La riduzione di estrogeno sierico, indotta dal trattamento anti-tumorale, determina una marcata riduzione della densità minerale ossea (BMD) con deterioramento della microarchitettura ossea e conseguente aumento del rischio di incidenza di fratture da fragilità. Le attuali linee guida in materia di prevenzione del rischio di frattura suggeriscono l’impiego di farmaci anti-osteoporotici già in prevenzione primaria nelle pazienti con carcinoma mammario in terapia con farmaci che bloccano la produzione ormonale. Il denosumab è un anticorpo monoclonale che lega selettivamente RANK-L impedendogli di interagire con il suo recettore RANK sulla superficie degli osteoclasti inibendone l’attività ed esercitando dunque un’azione anti-riassorbitiva diretta. Il rischio di frattura nelle pazienti candidate al trattamento con blocco ormonale adiuvante viene attualmente determinato mediante l’esecuzione di esame MOC-DEXA e tramite l’algoritmo FRAX che consente di valutare il rischio di frattura di femore e di frattura osteoporotica maggiore, su un arco di tempo di 10 anni, prendendo in considerazione diverse variabili come: età del paziente, sesso, peso, altezza, pregresse fratture, familiarità per fratture da fragilità, fumo, alcool, utilizzo di cortisonici, artrite reumatoide e valori di densità minerale ossea (BMD).Un recente studio di [...]

2024-11-08T12:27:38+01:008 Novembre 2024|

Esiste una relazione causale tra dieta e gonartrosi?

È stato recentemente analizzato da Lv et al. se esista una relazione causale tra alcuni fattori dietetici e il rischio di sviluppare osteoartrosi del ginocchio (knee osteoarthitis, KOA), una patologia articolare degenerativa che colpisce milioni di persone in tutto il mondo. Attraverso un'analisi di randomizzazione mendeliana (mendelian randomization, MR), i ricercatori hanno esaminato vari tipi di alimenti per valutare se il loro consumo potesse aumentare o ridurre il rischio di sviluppare KOA. Lo studio ha utilizzato dati provenienti da studi di associazione genomica su larga scala, che includevano informazioni su 18 fattori dietetici tra cui carne lavorata, pollo, manzo, pesce grasso e magro, maiale, agnello, alcol, tè, caffè, frutta secca, cereali, formaggio, pane, verdure cotte, insalate e frutta fresca. Gli autori hanno applicato l'analisi MR per esplorare le relazioni causali tra questi fattori dietetici e KOA, utilizzando variabili strumentali per ridurre i bias e gli effetti confondenti tipici degli studi osservazionali. Aumento del rischio con il caffè: L'analisi ha evidenziato un'associazione positiva tra il consumo di caffè e un aumento del rischio di KOA. L'odds ratio suggerisce che un elevato consumo di caffè può quasi raddoppiare il rischio di sviluppare KOA. Tuttavia, dopo correzioni multivariate per variabili come obesità, BMI, diabete e ipertensione, questa associazione non risultava più significativa, indicando che questi fattori potrebbero mediare l'effetto del caffè su KOA. Riduzione del rischio con cereali, frutta secca, formaggio e pesce oleoso: Cereali e frutta secca: Questi alimenti hanno mostrato un [...]

2024-11-08T12:25:23+01:008 Novembre 2024|

Effetti a lungo termine dell’agopuntura nella gonartrosi

La gonartrosi rappresenta una patologia degenerativa associata a dolore cronico e limitazione funzionale, che compromette significativamente l’articolarità e la qualità di vita, soprattutto negli anziani. Clinicamente si presenta con dolore diffuso nella regione anteriore del ginocchio, con possibile irradiazione distale. Nelle fasi avanzate, è frequente la comparsa di dolore persistente nelle ore notturne, che può interferire con la qualità del sonno. Data la popolazione in progressivo invecchiamento e l'aumento dei pazienti con obesità, si prevede che questa problematica sia destinata a crescere. Gli interventi non farmacologici attualmente utilizzati per la gestione della gonartrosi comprendono: rieducazione motoria, controllo del peso corporeo e programmi strutturati di autogestione e potenziamento dell'autoefficacia del paziente. Per quanto riguarda i farmaci antinfiammatori non steroidei, sia topici che orali, sono fortemente raccomandati. Tuttavia, i FANS offrono un sollievo sintomatico di breve durata causando effetti collaterali considerevoli che impattano sui sistemi cardiovascolare, gastrointestinale, renale ed epatico. Le iniezioni intra-articolari di corticosteroidi sono raccomandate quando altri trattamenti farmacologici risultano inefficaci o inappropriati, ma forniscono un sollievo di breve termine (da 2 a 10 settimane). Linee guida recenti sconsigliano o raccomandano con cautela l’uso di iniezioni intra-articolari di acido ialuronico, a causa del sollievo minimo dal dolore e del potenziale aumento di eventi avversi. Per quanto riguarda l'agopuntura essa è un trattamento sicuro e ampiamente utilizzato per la gestione del dolore cronico. Diversi studi hanno dimostrato che l'agopuntura può ridurre significativamente il dolore, migliorare la funzionalità e aumentare la [...]

2024-11-08T12:24:09+01:004 Novembre 2024|

Un’indagine sugli effetti terapeutici differenziali di romosozumab su pazienti affette da osteoporosi postmenopausale con o senza complicanze dell’artrite reumatoide: uno studio caso controllo

Un'indagine sugli effetti terapeutici differenziali di romosozumab su pazienti affette da osteoporosi postmenopausale con o senza complicanze dell'artrite reumatoide: uno studio caso controllo L'artrite reumatoide rappresenta una delle principali cause di osteoporosi secondaria. Diversi fattori contribuiscono alla progressiva perdita di massa ossea nei pazienti con artrite reumatoide: le citochine pro-infiammatorie, come il fattore di necrosi tumorale alfa (TNF-α) e l'IL-6, che sono strettamente legate all'attività della malattia, stimolano l'espressione del recettore di attivazione del fattore nucleare κB ligando (RANKL) da parte degli osteociti, determinando una serie di effetti che portano ad un aumento dell’attività degli osteoclasti. Inoltre, TNF-α, farmaci glucocorticoidi e scarsa attività fisica, stimolano la produzione di sclerostina da parte degli osteociti. La sclerostina, a sua volta, inibisce direttamente le vie di segnalazione promosse dalla famiglia delle proteine Wnt, rallentando così l’apposizione ossea mediata dagli osteoblasti. Inoltre la sclerostina agisce anche mediante meccanismi indiretti: ostacola la produzione di osteoprotegerina esacerbando ulteriormente l'osteoclastogenesi. Il Romosozumab è un anticorpo monoclonale anti-sclerostina, esso rappresenta un nuovo agente terapeutico per l'osteoporosi che stimola la formazione ossea da parte degli osteoblasti e inibisce il riassorbimento osseo da parte degli osteoclasti. Il romosozumab esercita dunque un "duplice effetto", che si traduce in una finestra anabolica più ampia rispetto ad altri agenti anti-osteoporosi. Tuttavia, rimane incerto se l'alterato metabolismo osseo riscontrato nelle pazienti affette da Artrite Reumatoide possa potenziare o diminuire gli effetti del farmaco. In questo studio caso-controllo, il nostro obiettivo è stato quello [...]

2024-02-26T12:12:24+01:0026 Febbraio 2024|

Efficacia delle infiltrazioni intra-articolari con acido ialuronico in pazienti con artrosi gleno-omerale

Efficacia delle infiltrazioni intra-articolari con acido ialuronico in pazienti con artrosi gleno-omerale L’artrosi gleno-omerale sintomatica è una condizione anatomo-clinica che comporta dolore, riduzione dell’escursione articolare (ROM, range of motion) della spalla e limitazione delle attività quotidiane con conseguente riduzione dell’autonomia personale e della qualità della vita. Questa condizione ha un notevole impatto sulla spesa sanitaria pubblica in quanto si stima che l’artrosi gleno-omerale primaria colpisca quasi un terzo della popolazione mondiale di età superiore ai 60 anni. Gli approcci terapeutici conservativi utilizzati prima dell’avvento dell’acido ialuronico prevedevano l’utilizzo di agenti fisici, farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) assunti per via sistemica e steroidei intra-articolari per la gestione dell’infiammazione e del dolore, questi ultimi gravati dai noti effetti avversi legati al loro utilizzo. Pertanto, l’utilizzo dell'acido ialuronico è emerso come trattamento alternativo per la gestione non chirurgica dell’artrosi gleno-omerale. L’acido ialuronico ha proprietà analgesiche e condroprotettive e le soluzioni a base di questa molecola somministrate per via intra-articolare comprendono preparazioni a basso peso molecolare (500-730 kDa) e preparazioni ad alto peso molecolare (620-3200 kDa). Una recente revisione sistematica della letteratura con meta-analisi condotta da Familiari et al. ha valutato le evidenze relative all'efficacia delle infiltrazioni intra-articolari di spalla con acido ialuronico sulla riduzione del dolore nei pazienti affetti da artrosi gleno-omerale. Sono stati inclusi 15 randomized controlled trial (RCT) che soddisfacevano i criteri di ammissibilità secondo il P.I.C.O utilizzato. In totale sono stati inclusi 1023 soggetti di cui 397 soggetti appartenenti [...]

2024-02-26T12:07:53+01:0026 Febbraio 2024|
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