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Il ruolo della Irisina nella Osteoporosi post-menopausa e nella Sarcopenia

È stata recentemente pubblicata una revisione di Falsetti et al. sulla rivista scientifica “Biomedicines” circa il ruolo della Irisina come nuova strategia terapeutica nel trattamento della Osteoporosi post-menopausa e di un suo possibile utilizzo come biomarker nella Sarcopenia, facilitandone la diagnosi e la gestione farmacologica. Nello specifico, lo studio si è soffermato su come l’Osteoporosi post-menopausa e la Sarcopenia spesso coesistano, determinando una condizione patologica definita Osteo-Sarcopenia che sottolinea il legame tra Osso e Muscolo, entrambi sottoposti a condizioni di stress. I pazienti affetti da Osteo-Sarcopenia presentano un più alto rischio di frattura rispetto a chi soffre singolarmente di una delle due condizioni patologiche, con un associato maggior tasso di mortalità. Nonostante diversi studi abbiano evidenziato gli effetti positivi dei farmaci sul trattamento della Sarcopenia, ad oggi non esiste una terapia farmacologica specifica. Diversi lavori in letteratura hanno, inoltre, analizzato come durante e a fine esercizio fisico, le fibre muscolari scheletriche secernono molecole biologicamente attive, chiamate Miochine, che sono citochine o peptidi sintetizzati, esercitanti effetti autocrini o paracrini sulle fibre muscolari responsabili della loro secrezione, ed effetti endocrini, agendo su tessuti lontani dal sito di secrezione. Tra le varie Miochine esistenti, lo studio in questione si è concentrato sulla Irisina, poiché rappresenta una delle scoperte più recenti e perché agisce da punto di comunicazione tra Osso e Muscolo, fungendo come potenziale biomaker nella perdita della microarchitettura ossea e nella massa muscolare. E’ stato, infatti, riscontrato come i livelli di Irisina [...]

2025-09-18T11:17:35+02:0018 Settembre 2025|

Quale modalità di esercizio terapeutico è più efficace nel ridurre la sintomatologia dolorosa della cervicalgia non specifica?

È stata recentemente pubblicata una revisione sistematica della letteratura di Calafiore et al. che si proponeva di valutare l’efficacia delle modalità di esercizio terapeutico più efficaci nel ridurre la sintomatologia dolorosa della cervicalgia cronica non specifica (Chronic Non-Specific Neck Pain, CNSNP), un disturbo muscoloscheletrico ad alta prevalenza nella popolazione generale, associato a disabilità significativa, che comporta un crescente ricorso alle cure mediche, costi ingenti per la società e un elevato numero di giornate lavorative perse. In questa revisione sistematica gli autori hanno utilizzato un innovativo approccio statistico, la network metanalysis (NMA), che permetteva di valutare più interventi combinati in una sola analisi. La selezione degli studi randomizzati controllati (RCT) era avvenuta attraverso l’utilizzo di diversi database (PubMed, Scopus e Web of Science) ricercando articoli pubblicati dal 1° gennaio 2010 al 31 gennaio 2024. Sono stati selezionati pazienti affetti da CNSNP sottoposti ad interventi basati su tecniche manuali (MT) come manipolazioni e mobilizzazioni del rachide cervicale; esercizio terapeutico (TE) come stretching, esercizi isometrici di rinforzo, esercizi di stabilizzazione cervicale, esercizi per i flessori profondi del collo, esercizi sensomotori, sia come trattamenti singoli o che in combinazione con terapia cognitivo-comportamentale (TCC). Questi pazienti sono stati confrontati con gruppi sottoposti a vigile attesa, trattamenti sham, fisioterapia convenzionale (esercizi non specifici), terapia medica. La principale misura di outcome è stata l'intensità del dolore, utilizzando varie scale di valutazione, in primis la Scala Analogica Visiva (VAS). Il primo screening aveva identificato oltre 14 mila studi, [...]

2025-06-03T12:50:05+02:003 Giugno 2025|

Vitamina D, omega-3 ed esercizio fisico: sono interventi efficaci per prevenire la sarcopenia negli anziani?

È stato recentemente esaminato da Eggimann et al. l'effetto di vitamina D, omega-3 e programmi di esercizio fisico domiciliari sulla sarcopenia, una condizione che compromette l’autonomia e aumenta il rischio di cadute e fratture negli anziani. Il trial europeo DO-HEALTH ha analizzato l’impatto di questi interventi su una coorte di soggetti anziani, generalmente sani e attivi. Sono stati arruolati 2.157 partecipanti di età ≥70 anni, assegnati in modo randomizzato a ricevere vitamina D3 (2.000 UI/die), omega-3 (1 g/die), un programma di esercizio fisico domiciliare (SHEP), o una combinazione di questi trattamenti, per una durata di 3 anni. L’obiettivo primario era esaminare modifiche nella massa muscolare (indice ALMI tramite DXA) e l’incidenza di sarcopenia, secondo i criteri EWGSOP2. Effetti limitati degli interventi sul rischio di sarcopenia e sulla massa muscolare:Omega-3: L’integrazione di omega-3 ha mostrato un beneficio a breve termine sulla massa muscolare, con un miglioramento osservato al primo anno. Tuttavia, questo effetto non si è mantenuto nel tempo, suggerendo che dosi più elevate potrebbero essere necessarie per ottenere effetti a lungo termine.Vitamina D: Non è stato osservato un effetto significativo sulla massa muscolare o sulla prevenzione della sarcopenia nei partecipanti già ben riforniti di vitamina D. I benefici potrebbero essere più evidenti in individui con carenza di vitamina D o più vulnerabili.Esercizio domiciliare (SHEP): Il programma di esercizio domiciliare non ha mostrato effetti significativi, probabilmente a causa della buona condizione fisica di partenza dei partecipanti. Un intervento di esercizio più intenso [...]

2025-06-03T14:11:47+02:003 Giugno 2025|

Il ruolo della massa grassa corporea nell’incidenza delle fratture vertebrali in donne con Early Breast Cancer in trattamento adiuvante con Inibitori delle aromatasi e Denosumab

Quasi l’80% delle donne in post-menopausa che ricevono una diagnosi di Early Breast Cancer risultano positive ai recettori ormonali estrogenici e progestinici (ER-positivi). La positività dei recettori ormonali è predittiva di risposta al trattamento ormonale sequenziale con i farmaci inibitori delle aromatasi con l’obiettivo di impedire la produzione ormonale e dunque bloccare l’azione proliferativa sulle cellule cancerose. La riduzione di estrogeno sierico, indotta dal trattamento anti-tumorale, determina una marcata riduzione della densità minerale ossea (BMD) con deterioramento della microarchitettura ossea e conseguente aumento del rischio di incidenza di fratture da fragilità. Le attuali linee guida in materia di prevenzione del rischio di frattura suggeriscono l’impiego di farmaci anti-osteoporotici già in prevenzione primaria nelle pazienti con carcinoma mammario in terapia con farmaci che bloccano la produzione ormonale. Il denosumab è un anticorpo monoclonale che lega selettivamente RANK-L impedendogli di interagire con il suo recettore RANK sulla superficie degli osteoclasti inibendone l’attività ed esercitando dunque un’azione anti-riassorbitiva diretta. Il rischio di frattura nelle pazienti candidate al trattamento con blocco ormonale adiuvante viene attualmente determinato mediante l’esecuzione di esame MOC-DEXA e tramite l’algoritmo FRAX che consente di valutare il rischio di frattura di femore e di frattura osteoporotica maggiore, su un arco di tempo di 10 anni, prendendo in considerazione diverse variabili come: età del paziente, sesso, peso, altezza, pregresse fratture, familiarità per fratture da fragilità, fumo, alcool, utilizzo di cortisonici, artrite reumatoide e valori di densità minerale ossea (BMD).Un recente studio di [...]

2025-06-03T12:51:18+02:008 Novembre 2024|

Esiste una relazione causale tra dieta e gonartrosi?

È stato recentemente analizzato da Lv et al. se esista una relazione causale tra alcuni fattori dietetici e il rischio di sviluppare osteoartrosi del ginocchio (knee osteoarthitis, KOA), una patologia articolare degenerativa che colpisce milioni di persone in tutto il mondo. Attraverso un'analisi di randomizzazione mendeliana (mendelian randomization, MR), i ricercatori hanno esaminato vari tipi di alimenti per valutare se il loro consumo potesse aumentare o ridurre il rischio di sviluppare KOA. Lo studio ha utilizzato dati provenienti da studi di associazione genomica su larga scala, che includevano informazioni su 18 fattori dietetici tra cui carne lavorata, pollo, manzo, pesce grasso e magro, maiale, agnello, alcol, tè, caffè, frutta secca, cereali, formaggio, pane, verdure cotte, insalate e frutta fresca. Gli autori hanno applicato l'analisi MR per esplorare le relazioni causali tra questi fattori dietetici e KOA, utilizzando variabili strumentali per ridurre i bias e gli effetti confondenti tipici degli studi osservazionali. Aumento del rischio con il caffè: L'analisi ha evidenziato un'associazione positiva tra il consumo di caffè e un aumento del rischio di KOA. L'odds ratio suggerisce che un elevato consumo di caffè può quasi raddoppiare il rischio di sviluppare KOA. Tuttavia, dopo correzioni multivariate per variabili come obesità, BMI, diabete e ipertensione, questa associazione non risultava più significativa, indicando che questi fattori potrebbero mediare l'effetto del caffè su KOA. Riduzione del rischio con cereali, frutta secca, formaggio e pesce oleoso: Cereali e frutta secca: Questi alimenti hanno mostrato un [...]

2024-11-08T12:25:23+01:008 Novembre 2024|
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