L’ipofosfatemia legata al cromosoma X (XLH, X-Linked Hypohosphataemia) è un disordine genetico a trasmissione dominante causato da una mutazione del gene PHEX (Xp22.1), che codifica per la proteina PHEX espressa a livello di osteoblasti, osteociti e odontoblasti e cementoblasti del dente. Si tratta della più comune causa di ipofosfatemia ereditaria, con una incidenza di 3,9 per 100000 nati vivi e una prevalenza che oscilla tra 1,7 su 100000 nel bambino e 4,8 su 100000 nella popolazione generale.

La patologia può portare a severe complicanze come rachitismo, deformità degli arti inferiori dolore invalidante, difetti di mineralizzazione dei denti e alterazioni della crescita nel bambino, e osteomalacia, entesopatie, artrosi e pseudofratture nell’adulto. Data la rarità della patologia, spesso la diagnosi e il trattamento vengono ritardati, con effetti negativi devastanti per il paziente.

Recentemente, Nature Review Nephrology ha pubblicato una consensus statement che raccoglie le linee guida per la diagnosi ed il management della XLH, approvata da Società Scientifiche Europee e Internazionali che si occupano di nefrologia, endocrinologia, malattie rare, osteoporosi, periodontologia e malattie pediatriche ortopediche e neurochirurgiche.

Al termine di questo update, il gruppo di ricerca raccomanda una diagnosi basata sull’associazione di criteri clinici, radiologici e biochimici, che comprenda una dettagliata valutazione delle alterazioni della crescita e del metabolismo osseo, lesioni rachitiche, segni di ipertensione endocranica, in particolare nel bambino. Suggeriscono inoltre controlli periodici da parte di un team multidisciplinare, organizzato da esperti nelle patologie del metabolismo dell’osso, che dovrebbe integrarsi con la medicina del territorio.

Attualmente la terapia comprende sia la supplementazione di fosfati che di vitamina D attiva, per evitare turbe endocrinologiche e renali, dipendentemente dall’età di insorgenza e dalla severità del quadro. Il trattamento dovrebbe inoltre promuovere la crescita nel bambino, e garantire un adeguato controllo del dolore. Lo stile di vita del paziente ricopre un ruolo importante, sia per compensare possibili alterazioni del metabolismo lipidico e glicidico descritte nel quadro della patologia che per prevenire possibili alterazioni muscoloscheletriche, per cui viene raccomandata l’attività fisica secondo abilità residua del paziente.

Nel Febbraio 2018, L’European Medicines Agency (EMA) ha approvato in commercio il burosumab, un anticorpo monoclonale umano diretto contro FGF 23 (Fibroblast growth factor 23) che sembrerebbe mostrare delle evidenze radiografiche di efficacia. Nell’Aprile 2018 la Food and Drug Administration (FDA) ne ha approvato l’utilizzo in bambini di almeno un anno e negli adulti, sebbene questo farmaco sia ancora sottoposto a stretto monitoraggio. La ricerca in questo campo è sicuramente fervente ed altre terapie biologiche sono in fase di sviluppo e potrebbero entrare nell’uso clinico nei prossimi anni.

In conclusione, la XLH è una patologia che impatta negativamente e sostanzialmente la qualità di vita dei pazienti affetti; inoltre, lo studio e la gestione di questa condizione è ad oggi ancora di competenza di pochi centri specialistici. È quindi necessaria una presa in carico globale e multidisciplinare del paziente afetto da XLH, in modo da coprire tutte le aree di criticità e comprendere non solo medici ma anche gruppi sociali e associazioni rappresentanti i pazienti stessi. Le recenti linee guida sviluppate possono dunque essere di aiuto ai giovani specialisti e non solo, nel tentativo di diffondere sempre di più la consapevolezza ed una corretta gestione clinica e terapeutica di questa patologia, nel tentativo di tracciare una linea di azione comune nel management di questi pazienti.

Alessandro de Sire

Coordinatore Nazionale della Sezione OrtoMed Giovani

Il documento recensito è citato su PubMed come:
Haffner D, Emma F, Eastwood DM et al. Clinical practice recommendations for the diagnosis and management of X-linked hypophosphataemia. Nat Rev Nephrol. 2019 May 8. doi: 10.1038/s41581-019-0152-5.