Il romosozumab è un anticorpo monoclonale che si lega ad un target specifico, la sclerostina, che svolge un ruolo di primaria importanza nella regolazione della formazione e del riassorbimento ossei. Bloccandone l’azione, il romosozumab svolge la duplice funzione di agente anabolico e antiriassorbitivo sull’osso. Uno studio, condotto da Brown et al., ha mostrato che il romosozumab, somministrato mensilmente per un anno seguito poi da alendronato, somministrato settimanalmente, portava ad un maggiore guadagno della densità minerale ossea (BMD, Bone Mineral Density), ed una maggiore riduzione del rischio di frattura rispetto al solo alendronato in una popolazione di donne in post-menopausa con osteoporosi grave. Per una migliore caratterizzazione dell’effetto sull’osso del farmaco, gli autori hanno anche analizzato un sottogruppo di pazienti tramite la Quantitative Computerized Tomography (QCT), che ha consentito di analizzare la BMD volumetrica (vBMD) totale, corticale e trabecolare della colonna lombare, il volume osseo, il contenuto minerale osseo (BMC, bone mineral content), e la resistenza ossea. Il romosozumab ha determinato maggiori guadagni in vBMD totale, trabecolare e corticale e BMC rispetto all’alendronato ai timepoints dei mesi 6 e 12, con risultati mantenuti al passaggio all’alendronato fino al mese 24. Questi miglioramenti sono stati accompagnati da aumenti significativamente maggiori della resistenza ossea (p<0,001). La maggior parte dell’osso di nuova formazione è stato accumulato nel compartimento corticale, con il romosozumab che mostrava un netto guadagno in termini di BMC rispetto al solo alendronato nella fase iniziale (p<0,001). Gli autori riportano come i miglioramenti della resistenza ossea, della BMD e del BMC vertebrale si siano verificati già 6 mesi dopo l’inizio del trattamento, e sono stati mantenuti per 12 mesi e anche in seguito dopo il passaggio all’alendronato. Tali miglioramenti densitometrici e strutturali sono coerenti con una maggiore riduzione del rischio di frattura osservato nel campione di studio sottoposto al trattamento sperimentale rispetto al solo alendronato. In conclusione, i risultati dell’articolo supportano l’uso del romosozumab come terapia di prima linea nel trattamento di pazienti ad alto rischio per frattura in virtù di un rapido miglioramento della BMD e della resistenza dell’osso.
Alessandro de Sire
Professore Associato di Medicina Fisica e Riabilitativa
Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche
Università “Magna Graecia” di Catanzaro
Coordinatore Nazionale della Sezione OrtoMed Giovani
Articolo recensito:
Brown JP, Engelke K, Keaveny TM, Chines A, Chapurlat R, Foldes AJ, Nogues X, Civitelli R, De Villiers T, Massari F, Zerbini CAF, Wang Z, Oates MK, Recknor C, Libanati C. Romosozumab improves lumbar spine bone mass and bone strength parameters relative to alendronate in postmenopausal women: results from the Active-Controlled Fracture Study in Postmenopausal Women With Osteoporosis at High Risk (ARCH) trial. J Bone Miner Res. 2021 Nov; doi: 10.1002/jbmr.4409.