L’osteoporosi è una patologia destinata ad un continuo aumento della propria prevalenza, essendo strettamente correlata all’età. Infatti, è stato previsto che negli Stati Uniti dal 2020 ci saranno oltre 12 milioni di soggetti con più di 50 anni. Un aspetto fondamentale per la prevenzione delle fratture, la più grave manifestazione clinica dell’osteoporosi, è certamente lo screening.

La US Preventive Services Task Force (USPSTF) ha infatti recentemente pubblicato un update delle raccomandazioni per lo screening dell’osteoporosi, ribadendo che la Dual-energy X-ray Absorptiometry (DXA), con le sue derivazioni a livello di femore e tratto lombare, è il gold standard ed è la tecnica maggiormente utilizzata.

L’USPSTF cita un recente studio (Shepstone L, Lenaghan E, Cooper C, et al; SCOOP Study Team. Lancet 2018) che ha valutato gli effetti dello screening dell’osteoporosi in una coorte di 12483 donne in post-menopausa in termini di fratture da fragilità. Lo studio ha riportato una riduzione statisticamente significativa in termini di incidenza di fratture di femore (2,6% vs 3,5%; HR, 0,72 [95%CI, 0,59-0,89]).

Al termine di questo update, l’USPSTF raccomanda lo screening per l’osteoporosi con test di misurazione della densità minerale ossea (come la DXA) per la prevenzione di fratture osteoporotiche sia in donne in post-menopausa di età ≥ 65 anni (Raccomandazione B) sia in quelle con meno di 65 anni, a rischio di osteoporosi (Raccomandazione B).

L’USPSTF afferma infine che le attuali evidenze sono ancora insufficienti per valutare l’equilibrio tra benefici e svantaggi dello screening per l’osteoporosi per prevenire le fratture osteoporotiche negli uomini.

Alessandro de Sire
Coordinatore Nazionale della Sezione OrtoMed Giovani
Dipartimento di Specialità Medico-Chirurgiche e Odontoiatriche
Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”