Documento congiunto della Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia (SIOT) e della Società Italiana di Parodontologia e Implantologia (SIdP)
L’osteoporosi è una malattia sistemica dell’apparato scheletrico, caratterizzata da una bassa densità minerale ossea (BMD) e dal deterioramento della microarchitettura del tessuto osseo che porta alla fragilità ossea e a un maggiore rischio di fratture. La prevalenza dell’osteoporosi è in aumento in tutto il mondo ed è correlata con l’invecchiamento. In Italia, circa 3,5 milioni di donne e 1 milione di uomini sono affetti da osteoporosi e, nei prossimi 25 anni, la percentuale della popolazione totale che ha più di 65 anni aumenterà del 25%. I farmaci approvati per il trattamento dell’osteoporosi postmenopausale includono i farmaci anti riassorbitivi, come i bisfofonati, il denosumab, i modulatori selettivi del recettore degli estrogeni (SERM), il farmaco appositivo teriparatide e il nuovo farmaco che associa effetti anti riassorbitivi e appositivi: il romosozumab. I pazienti sottoposti a trattamento con farmaci anti-osteoporotici presentano un rischio maggiore di sviluppare una complicanza orale come l’osteonecrosi della mandibola. L’osteonecrosi della mandibola può insorgere spontaneamente, anche se le procedure di chirurgia dento-alveolare sono considerate il principale fattore di rischio. Inoltre, anche la durata della terapia anti-osteoporotica può essere correlata a un aumento del rischio.
La parodontite è una malattia infiammatoria cronica caratterizzata dalla progressiva distruzione dei tessuti di sostegno del dente: gengiva, osso alveolare, cemento radicolare e legamento parodontale. Si tratta di una patologia ad eziologia multifattoriale caratterizzata dalla presenza di placca batterica (biofilm dentale) come fattore causale ma la predisposizione genetica, l’obesità, il fumo, una scarsa igiene orale e una dieta pro-infiammatoria costituiscono i principali fattori di rischio che contribuiscono allo sviluppo e alla progressione della malattia. La parodontite è la sesta malattia cronica non trasmissibile più frequente e colpisce quasi 800 milioni di persone nel mondo. In Italia, un adulto su cinque è affetto dalla forma più grave di parodontite, che può portare alla perdita dei denti con un impatto negativo sulla masticazione, sull’estetica e, conseguentemente, sulla qualità della vita. La parodontite insorge tipicamente tra i 30 e i 40 anni, sebbene anche i soggetti giovani possano essere colpiti. Le interazioni ospite-microrganismo nei pazienti affetti da parodontite favoriscono la produzione locale di molecole pro-infiammatorie che, attraverso le lesioni gengivali epiteliali della tasca parodontale, possono raggiungere il flusso sanguigno e contribuire alla genesi di un quadro infiammatorio.
L’infiammazione cronica di basso grado e i fattori di rischio comuni condivisi con l’osteoporosi sono il background patogenetico che sostiene questo legame. Recentemente, l’osteoporosi e la parodontite sono state correlate in modo bidirezionale: i pazienti affetti da osteoporosi possono avere un rischio maggiore di sviluppare la parodontite e i soggetti affetti da malattie parodontali possono avere una maggiore probabilità di sviluppare l’osteoporosi. Sono stati proposti diversi lavori scientifici e linee guida per la gestione dei pazienti osteoporotici in terapia che necessitano di interventi di chirurgia orale per la prevenzione e il trattamento dell’osteonecrosi della mandibola; tuttavia, pochissimi si sono occupati specificamente della gestione clinica dei pazienti affetti sia da parodontite che da osteoporosi. Questa relazione congiunta della Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia (SIOT) e della Società Italiana di Parodontologia e Implantologia (SIdP) si propone di chiarire le possibili implicazioni della terapia anti-osteoporotica nei pazienti ad alto rischio di frattura e affetti da malattie parodontali, tra cui parodontite e gengivite. Le linee guida di buona pratica clinica sono state quindi elaborate da due membri della SIOT e da tre membri della SIdP.
L’incidenza di osteonecrosi della mandibola nei pazienti osteoporotici trattati farmacologicamente è stata riportata come molto più bassa rispetto ai pazienti oncologici. In effetti, secondo l’AAOMS, il rischio di osteonecrosi tra i pazienti osteoporotici che assumono bisfosfonati, denosumab e romosozumab è basso; l’incidenza varia dallo 0,02% allo 0,05%, quasi 10 volte inferiore a quanto riportato per i pazienti oncologici, per i quali l’incidenza può raggiungere l’8%, il che è particolarmente legato alla co-somministrazione di farmaci anti-osteoporotici con glucocorticoidi o farmaci immunosoppressori. I pazienti che assumono denosumab sembrano avere un rischio maggiore di osteonecrosi della mandibola rispetto ai bisfofonati, con un’incidenza che varia dallo 0,04% allo 0,68%. Nel caso del romosozumab, sono stati riportati rari casi di osteonecrosi della mandibola negli RCT, e l’incidenza complessiva rimane simile a quella dei bisfosfonati (0,03-0,05%). Per il farmaco anabolizzante teriparatide non è stata riportata come complicanza. Al contrario, il farmaco è stato utilizzato per la sua azione anabolizzante in casi isolati nel tentativo di curare le complicanze orali legate alla terapia anti-osteoporotica, migliorando il rimodellamento osseo e accelerando la guarigione delle fratture. Nonostante la bassa incidenza di osteonecrosi della mandibola, non possiamo ignorare che un numero maggiore di pazienti può essere esposto al rischio di sviluppare questa complicanza. Per questo motivo si raccomanda un accurato esame del cavo orale, con particolare attenzione allo screening parodontale, prima di iniziare la terapia anti-osteoporotica e periodicamente dopo l’inizio della stessa.
La terapia parodontale prevede un approccio graduale con quattro fasi. Le fasi 1 e 2 si concentrano sul controllo dell’infiammazione e dei fattori di rischio sistemici, come il diabete non controllato e il fumo. La fase 3 comprende il trattamento non chirurgico delle tasche residue, seguito, in casi specifici, da un trattamento chirurgico. La fase 4 prevede un programma di cura parodontale superiore, fondamentale per mantenere la salute parodontale nel tempo. A partire dalla fase 1, è obbligatorio che il paziente raggiunga un adeguato controllo del biofilm a casa, che di solito si traduce in un Oral Hygine Index (OHI-I) < 20%. Sia la parodontite che l’osteoporosi sono malattie che determinano alterazioni del metabolismo osseo, strettamente associate all’infiammazione cronica di basso grado e all’invecchiamento. La natura multifattoriale della risposta dell’ospite alla malattia parodontale ha portato all’ipotesi che la parodontite possa essere un fattore di rischio per la progressione dell’osteoporosi e viceversa. D’altra parte, la ridotta densità minerale ossea causata dall’osteoporosi può compromettere il riassorbimento dell’osso alveolare già avvenuto a seguito del processo infiammatorio innescato dalla disbiosi tra il biofilm dentale e il sistema immunitario dell’ospite. Pertanto, sembra ragionevole suggerire che tutti gli individui con fragilità ossea, quelli in post-menopausa e quelli che presentano altre comorbidità dovrebbero sottoporsi a una valutazione parodontale indipendentemente dalla necessità di iniziare una terapia anti-osteoporotica. I farmaci anti riassorbitivi diminuiscono l’attività osteoclastica, limitando quindi il riassorbimento e il rimodellamento osseo.
Questo fenomeno prolunga l’esposizione dell’osso all’ambiente locale della parodontite, caratterizzato da stress ossidativo e mediatori pro-infiammatori, con conseguente precipitazione della tossicità cellulare e molecolare e infine l’insorgenza di necrosi locale. La parodontite potrebbe anche essere considerata un fattore di rischio indipendente che predispone allo sviluppo dell’osteonecrosi della mandibola dopo l’estrazione dentale in presenza di una terapia anti-osteoporotica. Non esiste accordo nella comunità scientifica su alcuni punti critici riguardanti la prevenzione dell’osteonecrosi della mandibola come, ad esempio, l’uso della profilassi antibiotica nella gestione delle procedure chirurgiche orali, l’opportunità di sospendere temporaneamente la somministrazione di farmaci o la selezione di una finestra terapeutica per eseguire procedure chirurgiche dento-alveolari in caso di terapia anti-osteoporotica. Gli odontoiatri dovrebbero considerare che c’è una generale mancanza di prove di alta qualità sulla sicurezza dell’inserimento di impianti in pazienti con una storia di farmaci anti-osteoporotici o anti-angiogenici e dovrebbero usare cautela quando pianificano impianti dentali. Il gruppo di esperti SIOT-SIdP ha discusso ed elaborato opinioni e raccomandazioni basate sul livello di qualità delle evidenze esistenti e incentrate solo sulla coorte specifica di pazienti affetti da malattie parodontali che assumono una terapia per il trattamento dell’osteoporosi.
Ai pazienti che stanno per iniziare la terapia si potrebbe suggerire di utilizzare l’applicazione SIdP GengiveInForma (https://www.sidp.it/app/gengiveinforma/) per valutare il rischio di insorgenza di malattie parodontali e l’eventuale trattamento della malattia parodontale dovrebbe essere effettuata prima di iniziare la terapia con i farmaci anti-osteoporotici. In corso di tale evenienza il rischio di incorrere nell’evento avverso è stato stimato essere basso. Nai pazienti già in terapia da meno di 3 anni dovrebbero essere incoraggiati a recarsi regolarmente dal dentista per un controllo periodico e per il mantenimento della salute orale e parodontale. I pazienti affetti da parodontite con una o più comorbidità (ad esempio, diabete, malattie cardiovascolari, ecc.) devono essere considerati a maggior rischio rispetto agli altri pazienti osteoporotici e devono essere trattati di conseguenza. Qualsiasi procedura chirurgica orale importante dovrebbe essere rimandata fino a quando l’infiammazione parodontale non sia sotto controllo, il sanguinamento sia minimo e il paziente abbia raggiunto un adeguato controllo del biofilm. Nei pazienti in terapia da più di tre anni e che presentano un quadro clinico per cui l’intervento di chirurgia orale non sia differibile il rischio dell’evento avverso deve essere considerato e fatto presente al paziente. Se un intervento di chirurgia orale è inevitabile, i pazienti devono essere informati dei rischi associati. i pazienti in attesa di iniziare una terapia per l’osteoporosi dovrebbero essere inseriti in un programma di cure parodontali di supporto per prevenire la futura progressione della malattia parodontale e non è necessaria una profilassi antibiotica di routine, a meno che non siano presenti altre comorbidità. Nei pazienti che assumono bisfosfonati e viene posta diagnosi di parodontite. si devono eseguire le fasi 1 e 2 della terapia parodontale fino a quando non si ottiene una stabilità parodontale. In questa fase non è necessaria alcuna profilassi antibiotica. Se è indicato un ulteriore trattamento (terapia parodontale chirurgica), questo può essere eseguito successivamente.
I denti senza speranza possono essere estratti e/o possono essere inseriti impianti dentali osteointegrati, seguendo un protocollo chirurgico standard, a condizione che il controllo parodontale sia stato raggiunto con successo. I pazienti che assumono la terapia anti-osteoporotica da più 3 anni sembrano avere un rischio maggiore di sviluppare l’osteonecrosi della mandibola rispetto ai pazienti che la assumono da meno di 3 anni. Per questo motivo, anche in assenza di chiare evidenze, sembra saggio suggerire una profilassi antibiotica per effettuare interventi di chirurgia dento-alveolare in questa categoria di pazienti. Per i pazienti che assumono la terapia da meno di 3 anni, la profilassi antibiotica non deve essere utilizzata di routine, ma in base al quadro clinico generale del paziente. Se è indicata una profilassi antibiotica, di solito viene suggerita l’amoxicillina 1 g tre volte al giorno da sola o con acido clavulanico. Inoltre, è stata suggerita la combinazione di amoxicillina 1 g tre volte al giorno e metronidazolo 500 mg die. Non c’è accordo sul periodo di somministrazione postoperatoria, che potrebbe essere compreso tra 5 e 17 giorni.
I Bisfosfonati si accumulano nel tempo all’interno dell’osso, dando origine a un serbatoio che continua a essere rilasciato per mesi o anni dopo l’interruzione del trattamento, con un effetto coda lungo sulla prevenzione delle fratture, in particolare per l’alendronato e lo zoledronato. Ciò rende la sospensione dei bisfosfonati praticamente inefficace nel ridurre il rischio di sviluppare osteonecrosi della mandibola. Nei pazienti che sono in trattamento con denosumab è obbligatorio ottenere una valutazione parodontale per ridurre la necessità di estrazioni dentarie e/o procedure chirurgiche maggiori. È necessario effettuare una valutazione odontoiatrica e attuare le fasi 1 e 2 della terapia parodontale. In tutti i casi in cui le estrazioni dentali o le procedure di chirurgia orale non possono essere rimandate, è necessaria una profilassi antibiotica. La somministrazione di denosumab non dovrebbe essere sospesa a causa del noto effetto rebound, con un aumento del rischio di fratture da fragilità dopo la sospensione. Nei casi in cui le procedure chirurgiche o le estrazioni dentarie possono essere ritardate è consigliabile effettuare le procedure chirurgiche orali 3-4 mesi dopo l’ultima somministrazione di denosumab, mentre una nuova dose può essere somministrata 6-8 settimane dopo l’estrazione dentale o la procedura chirurgica e in base al processo di cicatrizzazione della ferita orale. È parte della buona pratica clinica comunicare con il bone specialist ed eventualmente discutere la fattibilità di ritardare ulteriormente di 1 mese la dose successiva di denosumab. In questo scenario clinico la profilassi antibiotica è necessaria solo in presenza di comorbidità. In conclusione, questo lavoro congiunto si propone di elaborare una linea di indirizzo nella gestione clinica del paziente in terapia anti-osteoporotica con malattia parodontale per ridurre il rischio di un grave evento avverso quale l’osteonecrosi della mandibola. Alla base di una corretta gestione del paziente è doveroso collaborare e pianificare la migliore strategia di concerto tra il bone specialist e l’odontoiatra tenendo conto dei dati presenti in letteratura.
Alessandro de Sire
Professore Associato di Medicina Fisica e Riabilitativa
Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche
Università “Magna Graecia” di Catanzaro
Coordinatore Nazionale della Sezione OrtoMed Giovani
Articolo recensito:
Landi L, Leali PT, Barbato L, Carrassi AM, Discepoli N, Muti PCM, Oteri G, Rigoni M, Romanini E, Ruggiero C, Tarantino U, Varoni E, Sforza NM, Brandi ML. Anti-resorptive therapy in the osteometabolic patient affected by periodontitis. A joint position paper of the Italian Society of Orthopaedics and Traumatology (SIOT) and the Italian Society of Periodontology and Implantology (SIdP). J Orthop Traumatol. 2023 Jul 15;24(1):36. doi: 10.1186/s10195-023-00713-7.