La vitamina D svolge un ruolo importante nel determinare una sana crescita del bambino e nell’omeostasi del calcio e del fosfato. Nell’uomo, la fotosintesi a livello cutaneo è la principale fonte di vitamina D, seguita dalla dieta; quando l’esposizione solare è limitata o in caso di carenza di vitamina D assunta con la dieta, si raccomanda l’integrazione, in particolare nei soggetti anziani. Un team di esperti facenti capo all’European Society of Clinical and Economical Aspects of Osteoporosis, Osteoarthritis and Musculoskeletal Diseases (ESCEO), ha recentemente analizzato la letteratura e discutere l’attuale stato dell’arte sui seguenti argomenti:
Epidemiologia della carenza di vitamina D: recenti dati di prevalenza indicano che con una soglia di 50 nmol/L di vitamina D si contano 390 milioni di soggetti con valori ematici al di sotto di essa, contro i 120 milioni al di sotto della soglia di 30 nmol/L, tra Europa e Stati Uniti. Tassi di prevalenza che destano preoccupazione e che richiedono un intervento sia dal punto di vista della sanità pubblica che dal punto di vista clinico. Fattori prognostici negativi per bassi livelli di 25(OH)D in tutti gli studi analizzati erano considerati l’età, elevati BMI, uso di ausili per la deambulazione, tempo limitato trascorso all’aperto nella stagione estiva, fumo, assenza di integrazione con calcio, multivitaminici o con vitamina D su prescrizione medica o auto-somministrata, la presenza di uno stato di infiammazione, pazienti con sindromi da malassorbimento, chirurgia bariatrica e sindrome nefrosica. In Europa, se si escludono l’estremo Nord e Sud, l’approvvigionamento alimentare diventa particolarmente importante 4–8 mesi all’anno, quando la sintesi di vitamina D nella pelle è molto limitata e tra il 50 e il 100% degli europei ha un’assunzione di vitamina D inferiore a quella raccomandata, essendo al di sotto del fabbisogno medio stimato di 10 ug/giorno di assunzione (400 UI). Per un livello sierico di 25(OH)D di 25 nmol/L, sarebbe necessario un intervallo di assunzione di vitamina D tra 7,5 e 10 μg/giorno, che consentirebbe rispettivamente al 95% e al 97,5% degli individui, di mantenere il livello sierico di 25(OH)D al di sopra di questa soglia. D’altra parte, per un livello sierico di 25(OH) D di 50 nmol/L, la corrispondente vitamina D da includere nella dieta corrisponderebbe all’intervallo tra 23,5 e 25 ug/giorno (≈ 1000 UI/giorno), che risulta molto difficile da ottenere, per cui l’arricchimento degli alimenti, una sanità pubblica che prescriva uno stile di vita adeguato, compresa l’esposizione al sole, e l’integrazione di vitamina D rappresenterebbero, secondo gli autori, i più validi presidi.
Nuove prospettive nella valutazione dei livelli circolanti di vitamina D: le più comuni indicazioni per cui è richiesto il dosaggio di vit. D sono: rachitismo, osteomalacia, osteoporosi, iperparatiroidismo, sindromi da malassorbimento, terapie con farmaci che influenzano l’assorbimento o il metabolismo della vitamina D (antimicotici, terapia antiretrovirale dell’HIV, anticonvulsivanti, ecc.), malattia renale cronica, ipofosfatemia e ipo/ipercalcemia, iperpigmentazione cutanea e elevazione isolata della fosfatasi alcalina. Una importante questione nella determinazione di un valore soglia di 25(OH)D risiede nell’adoperare un metodo standardizzato. Grandi miglioramenti nello standardizzare i dosaggi del 25(OH)D sono stati raggiunti negli ultimi anni. La cromatografia liquida/spettrometria di massa (LCMS/MS, Liquid chromatography–mass spectrometry) generalmente funziona meglio dei test immunologici, ma i diversi metodi di LCMS/MS non sono tra loro equivalenti. La valutazione dei livelli sierici di 24,25(OH)2 D e in particolare il suo rapporto (VMR,The vitamin D metabolite ratio) con 25(OH)D sono strumenti promettenti per valutare la carenza di vitamina D, pur essendo disponibili solo con LCM/MS, il VMR, in particolare, può rappresentare un fattore predittivo del rischio di frattura.
Vitamina D e rischio frattura: gli studi analizzati che hanno avuto come popolazione di studio soggetti anziani con carenza di vitamina D, hanno mostrato un effetto benefico della supplementazione di vitamina D (800-1000 UI/giorno) e di calcio sulla prevenzione di qualsiasi frattura e in particolare sulle fratture dell’anca. Adulti con livelli di 25(OH)D inferiori a 50 nmol/L, potrebbero trarre beneficio dall’integrazione di vitamina D e di calcio fino ad arrivare a valori range di 25(OH)D di 50–100 nmol/L. D’altro canto, adulti con livelli di vitamina D di 25(OH)D compresi nell’intervallo di 50-100 nmol/L è improbabile che traggano beneficio dalla supplementazione. Inoltre, l’integrazione di vitamina D a livelli di 25(OH)D superiori a 100 nmol/L aumenta il rischio di fratture.
Vitamina D e artrosi: gli studi osservazionali e sperimentali forniscono poche prove di un effetto protettivo della vitamina D sulla perdita di volume della cartilagine o su modificazioni del quadro radiologico dell’osteoartrosi, sebbene possa avere un effetto favorevole sul dolore articolare. In effetti, le analisi dei sottogruppi e uno studio pilota randomizzato controllato suggeriscono che i pazienti con 25(OH)D inferiore a 50 nmol/L possano avvertire meno dolori articolari con l’integrazione di vitamina D.
Condizioni metaboliche che giustificano l’uso del calcifediolo: la somministrazione di calcifediolo è più efficace, più veloce, e più potente rispetto al colecalciferolo nel determinare un aumento delle concentrazioni ematiche di 25(OH)D. Gli studi analizzati dimostrano che può essere una valida alternativa in soggetti obesi, con sindromi da malassorbimento, con iperparatiroidismo da insufficienza renale cronica o da ipogonadismo, e in caso di insufficienza epatica.
Sicurezza del trattamento con vitamina D e finestra terapeutica: gli studi analizzati dimostrano che dosi giornaliere di 800-1000 UI di vitamina D sono sicuri, mentre i regimi intermittenti con dosi molto superiori a quelli equivalenti a questa dose giornaliera non sono raccomandati. Pazienti che potrebbero giovarsi di dosi giornaliere o equivalenti di 2000 UI di vitamina D, per 4-6 settimane, sono coloro sottoposti a chirurgia bariatrica, affetti da sindromi da malassorbimento, con bassi livelli di vitamina D e pazienti con obesità severa. Il limite superiore di sicurezza, sia per quanto riguarda la dose che per i livelli circolanti, dovrebbe essere meglio valutato e definito da ulteriori studi.
Alla luce dell’attuale stato dell’arte, considerando i principali disturbi muscoloscheletrici ben noti associati a grave carenza di vitamina D, i risultati di varie metanalisi e di studi randomizzati controllati sugli effetti della vitamina D sul rischio di fratture, sul rischio cadute o sull’artrosi, il gruppo di lavoro ESCEO sostiene che dovrebbero essere raccomandate 1000 UI al giorno nei pazienti ad aumentato rischio di carenza di vitamina D. Il gruppo di lavoro sottolinea come questo regime terapeutico sia totalmente sicuro, e come alcuni gruppi di pazienti possano beneficiare di una dose di carico di vitamina D o di trattamento con calcifediolo per raggiungere più rapidamente i livelli terapeutici di 25-OH vitamina D.
Alessandro de Sire
Professore Associato di Medicina Fisica e Riabilitativa
Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche
Università “Magna Graecia” di Catanzaro
Coordinatore Nazionale della Sezione OrtoMed Giovani
Articolo recensito:
Chevalley T, Brandi ML, Cashman KD, Cavalier E, Harvey NC, Maggi S, Cooper C, Al-Daghri N, Bock O, Bruyère O, Rosa MM, Cortet B, Cruz-Jentoft AJ, Cherubini A, Dawson-Hughes B, Fielding R, Fuggle N, Halbout P, Kanis JA, Kaufman JM, Lamy O, Laslop A, Yerro MCP, Radermecker R, Thiyagarajan JA, Thomas T, Veronese N, de Wit M, Reginster JY, Rizzoli R. Role of vitamin D supplementation in the management of musculoskeletal diseases: update from an European Society of Clinical and Economical Aspects of Osteoporosis, Osteoarthritis and Musculoskeletal Diseases (ESCEO) working group. Aging Clin Exp Res. 2022 Nov;34(11):2603-2623. doi: 10.1007/s40520-022-02279-6.